Corviale, prospettive di santità
La processione con il santo: una tradizione che sa di vecchio, di paese, che piano piano tende a sparire nei piccoli centri e ancora di più nella grande città, che tutto nasconde, omologa, silenzia. Spariscono le luminarie, invecchiano i fedeli, diminuiscono i bambini del catechismo e il serpentone di gente si riduce a pochi coraggiosi reduci, che ancora resistono e pregano, cantano e camminano.
Eppure, quel camminare insieme – come comunità e come Chiesa – dovrebbe servire a nutrire l’anima di una parrocchia; sentirsi parte di un progetto, risvegliare quanti, affacciati alle finestre – forse infastiditi dagli altoparlanti e stupiti che al giorno d’oggi ci siano persone che preghino con voce troppo alta – in canottiera e a braccia conserte aspettano solo il pranzo o di scorgere qualche conoscente tra i presenti. Pregare in cammino, per il quartiere e le persone che lo abitano: un segno di unità che dovrebbe essere riscoperto, sottolineato e valorizzato dai parroci.
Un segno che domenica 20 ottobre si è ripetuto a Corviale: due chilometri di processione sotto i nove piani del palazzo, le mille finestre, i panni stesi, le canottiere, sotto il sole e nel buio dell’ombra. In cammino da soli, mano nella mano, o in cammino già da lontano: come Carla e Romina che ogni anno vengono a Corviale da Tor Tre Teste, dopo un viaggio di due ore con tre autobus. E subito dopo la Messa tornano a casa, dopo aver lasciato la loro testimonianza che è esempio per tutti.
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