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La solitudine dei centri commerciali

Centro commerciale - (c) Mauro Monti

La solitudine dei centri commerciali

Questa pandemia ha interrotto un’abitudine: quella del fine settimana al Centro commerciale; capiamoci, per molti di noi il sabato e la domenica erano gli unici giorni della settimana nei quali poter fare la spesa e comprare anche quei generi non alimentari necessari (o forse no) per lo svolgimento delle nostre attività.

Questo è un dato di fatto: eravamo (chi più chi meno) tutti lì, a cercare un posto per parcheggiare, a girare senza sosta, abbassare il finestrino e chiedere: scusi esce? (il più delle volte ricevendo con un sorrisino beffardo il no di turno).

Ora quegli stessi parcheggi sono deserti, le vetrine riflettono solo le nuvole nel cielo; il silenzio è interrotto solo dalla radio che dagli altoparlanti sistemati in questi spazi immensi, continua a trasmettere musica, come un’eco che affiora dai nostri ricordi.

E allora ecco fogli rosa che fanno esperienza, bambini che giocano a pallone o per la prima volta sui pattini, mano nella mano con la mamma. Sono aperti solo i locali per tavoli da quattro, alcuni all’aperto, per stare più sicuri, per stare più distanti.

Lo shopping è una cosa da donna. È uno sport di contatto come il football. Alle donne piace la mischia, la folla rumorosa, il pericolo di essere calpestate a morte e l’estasi dell’acquisto.
(Erma Bombeck)

Centro commerciale - (c) Mauro Monti

Un affare è comprare qualcosa che non ti serve ad un prezzo al quale non puoi resistere. (Franklin P. Jones)

Centro commerciale - (c) Mauro Monti

Lo shopping è meglio del sesso. Dopo lo shopping, se sei insoddisfatta, puoi comunque cambiare articolo.
(Adrienne E. Gusoff)

Centro commerciale - (c) Mauro Monti

Mauro Monti

1 commento

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Giovanni Destito

Fino ad una trentina di anni fa, si definiva “centro commerciale” una città al centro di un crocevia di importanti comunicazioni stradali, ferroviarie o navali, in cui si concentravano i commerci fra popolazioni: centri commerciali erano ad esempio Genova, Venezia, le località sulla via della seta e in generale le città lungo i tragitti degli scambi commerciali. Pensiamo a Napoli, Buenos Aires, Dakar, che con la loro posizione sul mare erano (e sono) importanti punti di riferimento per i trasporti aerei e navali.
Ma come spesso accade, quando ad una parola viene dato un significato diverso, poi non si torna più indietro: è gia accaduto con “forza Italia!”, un tempo grido di incitamento per la squadra nazionale di un qualunque sport, poi divenuto il nome di un partito politico; “ristoro” è sempre stato sinonimo di… “relax con recupero di energie mangiando anche qualcosa” ed ora è un contributo economico a persone o attività in questo difficile periodo di pandemia; perché poi chiamare “verde” una benzina senza piombo??? Il colore verde (che evoca prati, colline e giardini fioriti) viene accostato a qualcosa che invece evoca “disagi”ambientali…
Non so come si potrebbe chiamare un insieme di negozi riuniti sotto lo stesso tetto, ma quello che non è giusto è “appropriarsi” di una parola e cambiarne il significato. Intanto i bambini si sono appropriati di un parcheggio…che, chissà, derivando da “parco”, magari cambierà funzione…

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