Roma. A Testaccio il fiume rivive grazie ai curdi
“Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati”: è il tema della 108ª Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che sarà celebrata domenica 25 settembre. “Il loro lavoro, la loro capacità di sacrificio, la loro giovinezza e il loro entusiasmo – si legge nel messaggio del Papa – arricchiscono le comunità che li accolgono”.
E qui, a Testaccio, uno dei quartieri più popolari di Roma, nonostante siano stati indegnamente costretti, per anni, ad accamparsi in baracche improvvisate tra la fitta vegetazione spontanea degli argini del Tevere, alcuni ragazzi curdi, con il loro lavoro, hanno restituito alla città un ambiente pulito e vivibile.
La loro operosa sensibilità, ha trasformato un tratto del Lungotevere in un’oasi di pace e tranquillità. Siamo in quella parte di viale che arriva all’ex Mattatoio, chiuso dal ponte della Ferrovia e che, sul lato destro che costeggia il fiume, mantiene i resti delle antiche mura Aureliane, una torre medievale che serviva a sbarrare la navigazione, e un accesso al Tevere che fino a pochi anni fa era impraticabile per l’immondizia presente.
Ora è un’area di nuovo accessibile, restituita alla curiosità e al diletto dei romani. E tutto grazie a questi giovani, trattati per anni come scarti, che continuano invece ad impiegare tempo libero e denaro proprio per riconsegnare alla città un angolo di natura che sembrava perso.
Sono tornati anche i vecchi romani che da bambini qui facevano il bagno: ora seduti, di fronte allo scorrere lento dell’acqua, a ricordare la presenza di una sabbia finissima e l’atmosfera di una Roma passata che torna a fare loro compagnia in vecchiaia.
Un’opera straordinaria! Sono stati messi in sicurezza gli argini, creati sentieri e curata la vegetazione, riparate scale e gradini, creati spazi di socialità.
Sotto uno degli archi del ponte della ferrovia è stato ricavato anche un rifugio per la colonia felina della zona: una quarantina di gatti trovano qui cibo e riparo.
Questo è l’esempio di come si possa ricostruire senso di comunità e integrazione dal basso, senza aspettare grandi progetti bloccati spesso dalla burocrazia o dalla mancanza di fondi o da lotte intestine di maggioranze traballanti.
È la vittoria del fare, l’incarnazione della Fratelli tutti, nello spirito della Laudato Sì.
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