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Il pellegrinaggio

Giubileo, la storia e la speranza

Il pellegrinaggio

“Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre”; con queste parole scritte nella Genesi, comincia il pellegrinaggio di Abramo verso la Terra Promessa. A pensarci bene, l’esistenza di ogni cristiano è un pellegrinaggio verso la meta del cielo. Ce lo ricorda la storia della salvezza che inizia proprio con il “pellegrinaggio” di Abramo al quale Dio chiede di lasciare la sua terra natale per andare dove Egli stesso gli mostrerà. La dimensione itinerante della nostra fede è dunque costitutiva, iscritta nel Dna di ogni credente.

Anche il ministero di Gesù si identifica con un viaggio a partire dalla Galilea verso la Città Santa; Luca scrive: “Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme” (Lc 9,51). È Gesù stesso che chiama i discepoli a percorrere questa strada e ancora oggi i cristiani sono coloro che lo seguono e si mettono alla sua sequela.

La conclusione del pellegrinaggio della vita cristiana è la morte che porta alla vita.

Nel secondo capitolo della prima lettera, Pietro scrive: “Vi esorto come stranieri e pellegrini…”. Pellegrino è colui che soggiorna in un luogo a lui estraneo, in un paese straniero. L’esortazione tiene in grande conto lo “status” dei discepoli di Gesù: “stranieri e emigranti” invitati a non assimilare lo stile di vita di questo mondo. Nello stesso tempo dobbiamo rispetto, correttezza e sottomissione ad ogni autorità di questo mondo. Il cristiano è chiamato a sentirsi straniero ovunque nel mondo, come scritto nella Lettera agli Ebrei: “nella fede morirono … dichiarando di essere stranieri pellegrini sulla terra”.

Siamo sempre alla ricerca di un luogo nel quale rintanarci ma seguire il Signore significa non avere un posto. Gesù nel Vangelo di Luca, al capitolo 9, dice: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Siamo chiamati a uscire dalla nostra comfort zone, a vivere da pellegrini in questo mondo, a farci come bambini, gli unici, che di fronte ad un trasloco, non perdono la loro tranquillità non solo perché sono guidati da chi li ama ma anche perché aperti alla speranza e fiduciosi nel futuro. Non sono il denaro e i beni materiali a darci sicurezza, ma Dio. Il cristiano è chiamato a mettersi in cammino, anche fisicamente, per ricordarci che siamo pellegrini e stranieri.

In origine, il pellegrinaggio cristiano nacque come viaggio devozionale. In epoca paleocristiana, coloro che avevano il desiderio di convertirsi si mettevano in cammino verso Gerusalemme; si facevano stranieri per iniziare una nuova vita.

Nell’alto medioevo iniziarono a diffondersi anche i pellegrinaggi penitenziali: un viaggio espiatorio dei propri peccati da vivere in estrema povertà. Una pratica che andò via via evolvendosi, fino ad arrivare a pene meno severe come un pellegrinaggio a Roma, presso il pontefice, dove chiedere l’assoluzione. Fu questo il periodo in cui iniziarono a consolidarsi i pellegrinaggi famosi, presso i luoghi di culto più importanti e venerati.

In tutto il mondo esistono santuari che rappresentano per i fedeli il luogo nel quale chiedere anche una grazia. Come a Lujan, in Argentina. In uno dei suoi racconti sull’altra diocesi, come ama ricordare Buenos Aires, Papa Francesco racconta di un papà che di fronte alla figlia morente, affronta senza indugio un viaggio di 70 chilometri verso il Santuario di Lujan. Arriva che il portone era chiuso e rimane lì in preghiera tutta la notte, rivolgendosi con insistenza alla Madonna, fino al mattino seguente.

Il Giubileo ci chiede di superare alcuni confini, perché quando ci muoviamo, non cambiamo solamente un luogo, ma iniziamo un cammino che trasforma le nostre esistenze. Un percorso che, passo dopo passo, alla scoperta di nuovi luoghi unisce catechesi, riti, liturgie. E a camminare non siamo soli. Insieme ai compagni di viaggio che Dio ci pone accanto e che ci permettono di arricchire la nostra esperienza.

Camminare ci invita anche a contemplare la bellezza del creato e soprattutto ad averne cura come espressione essenziale della fede in Dio e dell’obbedienza alla sua volontà. Risuonano con forza le parole che Papa Francesco pronunciò ad Assisi:

La vita cristiana è un cammino che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e accrescere la speranza. Il pellegrinaggio dunque, che richiama questo cammino, è un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino per cercare il senso della vita, per riscoprire il valore del silenzio, della fatica e dell’essenzialità. A Roma, i pellegrini di speranza che visiteranno la città durante il Giubileo, potranno sostare lungo gli itinerari di fede e accostarsi al Sacramento della Riconciliazione, insostituibile punto di partenza di un reale cammino di conversione

Mauro Monti
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