Il numero 137, la fisica come Dio comanda
Tra le tante costanti della fisica, ce n’è una che ha ossessionato scienziati di tutto il mondo, soprattutto il valore del suo inverso: 137, un numero che per Richard Feynman è stato scritto direttamente dalla «mano di Dio».
È la costante di struttura fine, introdotta da Arnold Sommerfeld nel 1916, che definisce la scala degli oggetti naturali: le dimensioni degli atomi, l’intensità e i colori della luce, l’intensità delle forze elettromagnetiche. In sostanza, controlla e ordina tutto ciò che vediamo.
La struttura fine è la struttura delle singole righe spettrali di un atomo, in pratica la sua impronta digitale; se avesse un valore diverso, nulla sarebbe com’è. Una leggera variazione del suo valore, infatti, basterebbe a influenzare in modo rilevante le leggi fisiche che governano l’Universo e la possibilità stessa di garantire presenza e sviluppo di forme di vita.
Il suo valore è rappresentato da questa formula, che mette in relazione la carica dell’elettrone (e) con altre 2 costanti fondamentali della natura: la costante di Planck (h), la più piccola quantità misurabile dell’Universo ed emblema della meccanica quantistica, e la velocità della luce (c), simbolo della teoria della relatività.
Una volta il grande fisico austrico Wolfgang Pauli, contributore dello sviluppo della Meccanica Quantistica nei primi decenni del XX secolo, dichiarò che se Dio gli avesse concesso di chiedergli qualsiasi cosa desiderasse, la sua prima domanda sarebbe stata: «Perché 137?».
In un saggio pubblicato nel 1935, Max Born affermò che quel numero, che era in grado di collegare la relatività alla teoria dei quanti, non era causale ma era esso stesso una legge della natura.
Insomma, questo 137 è un numero che ha affascinato e continua ad affascinare i fisici. Richard Feynman, nel suo libro divulgativo intitolato QED (elettrodinamica quantistica), così scrive a proposito della costante:
“Questo numero costituisce un vero rompicapo fin da quando fu scoperto, e tutti i migliori fisici teorici lo tengono incorniciato e appeso al muro e ogni giorno ci meditano su”.
Un giorno chiesero ad Enrico Fermi di posare per una fotografia, lui si posizionò davanti ad una lavagna sulla quale, tra l’altro, aveva volutamente scritto la formula della costante in maniera errata. Una beffa che è diventata un oggetto da collezione, visto che proprio quella foto venne utilizzata per un francobollo commemorativo.
Ma lo scienziato più ossessionato dal numero 137 fu Pauli, fino al giorno della sua morte, che avvenne nella camera numero 137 dell’Ospedale di Zurigo.
Pochi giorni prima del decesso, all’assistente Charles Enz, recatosi in visita nella sua stanza d’ospedale, disse: “Hai notato il numero della mia camera?”.
“No” rispose Enz.
“È il 137” esclamò Pauli – E aggiunse: “Non uscirò mai vivo da qui!”
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