Il dittatore, storia di un legame tra Roma e Ankara
Le parole del premier Mario Draghi su Erdogan, definito un dittatore durante la conferenza stampa dell’8 aprile scorso, hanno provocato molte reazioni in Turchia. L’ex ministro per le Pari Opportunità Fatma Betul Sayan, una delle donne più influenti del partito di governo, ha dichiarato: “Nel corpo di Draghi circola l’animo di Mussolini. La dittatura apparteneva ai loro nonni. Gli italiani devono vergognarsi che un uomo del genere abbia fatto parte della loro meravigliosa storia”.
Ma a proposito di storia e di dittatori che si sono susseguiti nel corso dei secoli, questo fatto di cronaca rispolvera anche un legame che da duemila anni unisce Roma ed Ankara: dopo Giulio Cesare (ultimo dictator) venne Augusto, primo imperatore, che prima di morire, a 76 anni, lasciò alla storia le Res gestae, le sue imprese scritte in forma autobiografica. Il testo più completo è arrivato fino a noi grazie all’iscrizione ancora presente nel tempio di Augusto e Roma proprio ad Ankara.
Quando nel ventennio fascista, nel pieno delle celebrazioni del Bimillenario Augusteo, venne deciso di isolare il Mausoleo e ricostruire l’Ara Pacis, tale iscrizione, realizzata sulla base del testo di Enrica Malcovati, venne riproposta sul muro esterno del monumento, sul lato che guarda al Mausoleo.
E oggi, quell’iscrizione è ancora lì, unica superstite della vecchia struttura progettata dall’architetto Vittorio Ballio Morpurgo, a raccontare le gesta di un imperatore e di un legame che continua a unire Turchia e Italia, Ankara e Roma, nonostante tutto.
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